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La diffrazione

 


La diffrazione è, di solito, considerata poco più di una curiosità. Qualche volta, tuttavia, è così evidente che non può essere ignorata. Se prendete un DVD ed osservate la sua superficie, vedrete che la luce bianca viene diffratta  in un arcobaleno colorato. Questo succede perché i fori (pit) sulla superficie del disco sono separati da distanze dell’ordine della lunghezza d’onda della luce (650 nm, la lunghezza d’onda del rosso).

La luce è un’onda elettromagnetica e l’effetto della diffrazione diventa avvertibile quando l’onda luminosa interagisce con piccole aperture, dove tutti i raggi luminosi viaggiano vicini.

La distribuzione dell’intensità luminosa sul sensore, per una sorgente puntiforme, dipende da dimensione e forma dell’apertura. Per una apertura circolare l’immagine ha un punto centrale luminoso, circondato da anelli meno luminosi, come in figura. Questa immagine è il ben noto disco di Airy.

 

L’effetto di una piccola apertura sulla luce incidente da sinistra.

La scala verticale è esagerata per mostrare la distribuzione dell’intensità nel punto di diffrazione.

 

Il diametro di questo disco è dipendente dalla lunghezza d'onda della luce illuminante e dalla dimensione della apertura circolare.

L'applicazione più importante di questo concetto avviene nelle macchine fotografiche o nei telescopi. A causa della diffrazione, il punto più piccolo nel quale si può mettere a fuoco un raggio di luce usando una lente è delle dimensioni del disco di Airy. Anche se qualcuno riuscisse a fare una lente perfetta, c'è ancora un limite alla risoluzione di un immagine creata da questa lente. Un sistema ottico nel quale la risoluzione non sia più limitata da imperfezioni nelle lenti ma solo dalla diffrazione viene detto limitato alla diffrazione.

 

 

Dimensione del disco di Airy

 

Lontano dalla apertura, l'angolo al quale il primo minimo avviene, misurato dalla direzione della luce proveniente, è dato da:

 

 \sin \theta = 1.22 \frac{\lambda}{d}

 

dove λ è la lunghezza d'onda della luce e d è il diametro dell'apertura. Il Criterio di Rayleigh per risolvere due oggetti dice che il centro del disco di Airy per il primo oggetto è nel primo minimo del disco di Airy per il secondo. Questo significa che la risoluzione angolare di un sistema limitato alla diffrazione è data dalla stessa formula.

 Ma in una macchina digitale, magari reflex?

La separazione angolare più piccola che possono avere due oggetti prima che si sfochino assieme è data da:

 

 \sin \theta = 1.22 \frac{\lambda}{d}

 

fino a che θ è piccolo (30°) possiamo approssimarla come:

 

 \frac{x}{f} = 1.22 \frac{\lambda}{d}

 

dove x è la separazione delle immagini dei due oggetti nella pellicola ed f è la distanza dalle lenti alla pellicola. Se prendiamo la distanza dalle lenti alla pellicola approssimativamente uguale alla lunghezza focale delle lenti troviamo:

 x = 1.22 \frac{\lambda f}{d}

 

ma \frac{f}{d}è esattamente la chiusura di diaframma (f/stop, ovvero il rapporto tra le dimensioni dell'apertura fisica del diaframma di una macchina fotografica e la lunghezza focale dell’obiettivo in uso lente).

In un giorno assolato il valore utilizzato di solito è 16 (ricordate la formula empirica del sunny 16?). Per la luce visibile, la lunghezza d'onda λ è circa 500 nanometri. Troviamo, quindi, che x è circa 0,01 mm. Una conseguenza di ciò per una fotocamera digitale sarebbe quella che anche facendo pixel del sensore ottico più piccoli di queste dimensioni non si avrebbero incrementi nella risoluzione dell'immagine.

Il raggio a cui l’intensità del punto centrale vale 0, cioè il primo anello scuro, serve a definire la dimensione del punto di diffrazione. Secondo la legge di Rayleigh, quindi, il diametro del punto di diffrazione sul sensore vale:

 

2.44 l N dove l è la lunghezza d’onda della luce incidente e N e la chiusura del diaframma.

 

La chiave per l’analisi è il circolo di confusione (CdC). Il CdC è un valore scelto per definire la regione dove la messa a fuoco è sufficientemente buona da essere inclusa nella profondità di campo. A questo punto si può affermare che la dimensione del punto di diffrazione deve essere inferiore o uguale a CdC. Cioè:

2.44 l N = CdC

Ma sappiamo che CdC= Diagonale sensore / 1500

E quindi possiamo determinare il massimo valore utile di diaframma per una certa dimensione del sensore. La luce visibile ha lunghezze d’onda tra 400 nm (blu) e 700 nm (rosso) quindi gli effetti della diffrazione sono maggiori con la luce rossa

Scegliamo l = 555 nm, la lunghezza d’onda a cui l’occhio è più sensibile ed eseguiamo il calcolo:

 

2,44 * 555 * 10-6 * N = Diagonale sensore /1500

 

che diventa N = Diagonale sensore / 2

(infatti 2,44 * 555 * 10-6 * 1500 = 2,03)

Il punto importante è che il valore di N (diaframma) calcolato per una certa dimensione del sensore è il valore massimo che si può utilizzare senza degradare l’immagine per diffrazione. Questo calcolo vale per una lente ideale, il cui unico limite è la diffrazione. Gli obiettivi reali hanno varie aberrazioni e, di solito, mostrano la risoluzione migliore chiudendoli di circa due f/stop rispetto alla massima apertura. Tuttavia, al crescere di N, le prestazioni diminuiscono principalmente per la diffrazione.

Fate attenzione al fatto che se ritagliate (cropping) un’immagine dovete ridurre il CdC, adattandolo alla nuova diagonale.

 

 

Conclusioni

 

 

Criterio di Rayleigh

 

Una lente, nel focalizzare un'immagine, si comporta come un foro circolare su uno schermo opaco, quindi produce figure di diffrazione analoghe al caso della fenditura singola. Gli effetti di tale diffrazione pongono un limite alle capacità risolutive degli strumenti ottici, in particolare limitano la possibilità di distinguere due sorgenti luminose puntiformi che abbiano una piccola separazione angolare e intensità circa uguali.

Il criterio di Rayleigh ci permette, conoscendo la lunghezza d'onda della luce osservata e il diametro del foro di osservazione (detto anche pupilla), di sapere qual è la minima distanza angolare oltre la quale è possibile la risoluzione. Il criterio di Rayleigh afferma che due sorgenti puntiformi sono distinguibili se la loro separazione angolare è maggiore o uguale a:

 

\theta_R = 1.22 \frac{\lambda}{d}

 

dove λ è la lunghezza d'onda della luce osservata e d è il diametro del foro di osservazione.

Quando si costruisce uno strumento ottico che deve distinguere oggetti con piccola distanza angolare, si cerca di limitare il più possibile la dimensione del disco centrale della figura di diffrazione. Il criterio di Rayleigh ci dice che ciò si può ottenere aumentando il diametro della lente o diminuendo la lunghezza d'onda. È per questo che si cerca di costruire telescopi con il più grande diametro possibile e che nei microscopi viene spesso usata luce ultravioletta al posto della luce visibile.

Un esempio interessante è dato dall'occhio umano. La pupilla ha un diametro, in condizioni di luminosità normale diurna, di circa 3 mm. Prendendo in esame luce con lunghezza d'onda λ = 550 nm, risulta che la minima separazione angolare visibile dall'uomo è di 0.224 10-3 radianti, pari a circa 46". Ne segue che siamo in grado di distinguere due capelli vicini (il diametro di un capello è circa 70 μm) solo fino ad una distanza di 30 cm circa.

 


©2008 Aristide Torrelli