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Principi di ottica e lenti sottili

 


 

La luce

 

La luce è un fenomeno fisico che crea un’immagine mediante stimolazione dei nervi ottici. Più in generale possiamo definirla come un’onda elettromagnetica. Le onde elettromagnetiche si possono classificare in base alla lunghezza d’onda. Partendo dalle più corte abbiamo: raggi X, raggi ultravioletti, luce visibile, luce infrarossa, luce infrarossa lontana, microonde, onde cortissime (VHF), onde corte, onde medie, onde lunghe. In fotografia le lunghezza d’onda più utilizzate cadono nella regione della luce visibile (400 nm – 700 nm). La luce può anche essere vista come un’onda elettromagnetica dove il campo elettrico ed il campo magnetico oscillano ad angolo retto tra di loro in un piano perpendicolare alla direzione di propagazione (modo trasverso elettromagnetico, TEM).

 

 

 

 

 

L’occhio umano può discernere due elementi dell’onda luminosa: la lunghezza d’onda e l’ampiezza. Le differenze tra lunghezze d’onda vengono viste come differenze nel colore (siamo sempre nell’intervallo visibile) mentre le differenze in ampiezza sono viste come differenze nell’intensità luminosa. Quello che l’occhio umano non può discernere è la direzione dell’oscillazione nel piano perpendicolare alla direzione di propagazione ovvero la polarizzazione della luce.

 

 

Le lenti

 

 

 

 

Una lente frontale di un obiettivo

 

La lente è un elemento ottico che ha la proprietà di concentrare o far divergere i raggi di luce. Normalmente è realizzata in vetro ottico o materiale plastico.

Le lenti si comportano, in genere, allo stesso modo sia che la luce le attraversi in un senso sia nell'altro anche se alcune proprietà, e mi riferisco alle aberrazioni, non sono reversibili.

  

Tipi di lenti

 

Il tipo più comune è rappresentato dalle lenti sferiche, caratterizzate dall'avere le due superfici opposte costituite idealmente da porzioni di una sfera di raggio specificato, R1 ed R2. R1 ed R2 sono i raggi di curvatura delle due superfici.

Dal segno di R1 dipende la forma della superficie:

 

ÿ       R1 positivo, superficie convessa;

ÿ       R1 negativo, superficie concava;

ÿ       R1 infinito, superficie piatta.

 

Lo stesso vale per R2 che caratterizza la superficie opposta lungo il cammino ottico. Attenzione, però, il ragionamento va fatto con il segno invertito rispetto ad R1 perché R1 ed R2 hanno verso opposto sull’asse. Quindi:

 

ÿ       R2 negativo, superficie convessa;

ÿ       R2 positivo, superficie concava;

ÿ       R2 infinito, superficie piatta.

 

La retta passante per i centri delle sfere ideali è detta asse principale o asse ottico. Negli obiettivi fotografici è di primaria importanza l’allineamento degli assi ottici di tutte le lenti componenti l’obiettivo. Specialmente negli zoom che sono costituiti da molti gruppi di lenti che si muovono in modo complesso e preciso, è di capitale importanza la costruzione del barilotto dell’ottica.

Il punto in cui l'asse ottico incontra la lente è detto invece centro ottico. Ogni retta per il centro ottico, che non sia l’asse ottico, è detta asse secondario. Il centro ottico di una lente è, per definizione, il punto posto sull'asse principale in cui un raggio luminoso, attraversandolo, non subisce alcuna deviazione.

Le lenti sono classificate secondo la curvatura delle due superfici:

 

Biconvessa (o solo convessa) se entrambe le superfici sono convesse;

Piano – convessa se una superficie è piatta e l’altra è convessa;

Concavo-convessa se una superficie è concava ed una convessa;

 

Menisco se le superfici hanno raggio uguale la lente; a volte questo termine si usa per indicare una lente concavo – convessa generica;

 

Piano – concava se una superficie è piatta e l’altra è concava;

Biconcava o solo concava se entrambe le superfici sono concave.

 

 

Se la lente è biconvessa o piano-convessa un fascio collimato (la luce collimata è definita come la luce i cui raggi sono paralleli e che ha un fronte d'onda planare) parallelo all'asse ottico viene fatto convergere (focalizzato) su un punto dell'asse detto fuoco, ad una certa distanza oltre la lente nota come distanza (o lunghezza) focale. Questo tipo di lente è detta positiva.

Il piano a distanza f  dalla lente su cui cade il punto immagine è detto piano focale.

 

Se la lente è biconcava o piano-concava, un fascio collimato viene fatto divergere e la lente si dice negativa.

Il raggio uscente dalla lente sembra provenire da un punto dell'asse antecedente la lente. Anche questa distanza è chiamata distanza focale, ma il suo valore è negativo rispetto ad una lente convergente.

Nella lente concavo-convessa, la convergenza o divergenza è determinata dalla differenza di curvatura delle due superfici. Se i raggi sono uguali (menisco) il fascio luminoso non converge né diverge.

Il valore della distanza focale può essere calcolato con l'equazione:

dove:

 

 

Se d è piccolo rispetto a R1 e R2, si ha la condizione di lente sottile e f si può approssimare con:

Il valore di f è positivo per le lenti convergenti, negativo per le lenti divergenti e infinito per le lenti a menisco.

L'inverso della distanza focale (1/f) si chiama potere diottrico e si esprime in diottrie (metri−1).

 

 

Sistemi di lenti multiple

 

Per ridurre gli effetti delle aberrazioni e ottenere caratteristiche migliori, diverse singole lenti possono essere combinate a formare un sistema ottico complesso. Il caso più semplice si ha quando le lenti sono messe a contatto oppure molto vicine. Prendiamo allora due lenti sottili con distanze focali f1 and f2 sullo stesso asse ottico ad una distanza d molto piccola. L’oggetto reale si trova a distanza s1 dalla prima lente. Esso produce un’immagine a distanza s2 dall’altro lato della lente. Questa immagine diventa il soggetto inquadrato dalla seconda lente, a distanza s’1 (quindi s2=s’1). L’immagine “finale” si forma a distanza s’2 dalla seconda lente.

Dalle equazioni delle lenti, con una serie di passaggi che vi risparmio, si ottiene che:

 

 

Che significa? Significa che due lenti a breve distanza si comportano come una lente che ha come diottria la somma delle diottrie delle due lenti.

Ovvero che due lenti a breve distanza si comportano come una lente che ha una focale combinata pari alla somma del reciproco delle focali delle singole lenti.

Se le lenti fossero in numero di N avremmo:

 

 

Il potere diottrico (1/f) di lenti sottili a contatto o molto vicine è additivo.

 

Formazione delle immagini

 

Come si è detto una lente positiva o convergente focalizza un fascio collimato parallelo all'asse in un punto focale, a distanza f dalla lente. Specularmente, una sorgente luminosa collocata nel punto focale produrrà attraverso la lente un fascio di luce collimato.

Ogni lente possiede due fuochi simmetrici, posti dall'una e dall'altra parte della lente, poiché l'effetto prodotto dalla lente è indipendente dalla faccia impressionata dalla luce.

Per costruire geometricamente l'immagine prodotta da una lente è sufficiente tenere presente che (vedi immagine):

 

ÿ       Il raggio passante per il centro ottico attraversa la lente senza essere deviato;

ÿ       Un raggio parallelo all'asse principale viene deviato sul fuoco della lente;

ÿ       Un raggio che passa per il fuoco è deviato parallelamente all'asse principale.

 

Il fuoco di una lente non può essere determinato mediante costruzioni puramente geometriche, poiché la rifrazione dipende dal materiale che costituisce la lente.

Date le distanze S1 tra lente ed oggetto e S2 tra lente e immagine, per una lente sottile (spessore trascurabile) vale la formula:

 

 

Cioè, in parole povere: un oggetto posto a distanza S1 sull'asse della lente positiva di focale f proietterà, su uno schermo posto a distanza S2 la propria immagine. E’ la base della fotografia e vale se S1 > f. L'immagine così formata è detta immagine reale.

 

 

Se S1 < f, allora S2 è negativo. L'immagine si forma apparentemente dallo stesso lato dell'oggetto rispetto alla lente. Si dice che abbiamo una immagine virtuale. Questa immagine non può essere proiettata su uno schermo, ma un osservatore potrebbe vederla attraverso la lente. E’, infatti, il caso della lente da ingrandimento.

 

Il fattore di ingrandimento M è il rapporto tra le dimensioni dell’immagine virtuale dell’oggetto reale e l’oggetto stesso e vale:

 

 

Se |M|>1 (il valore assoluto o modulo è maggiore di 1) l'immagine è più grande dell'oggetto reale. Dal segno di M dipende se l’immagine è capovolta (segno negativo) o no rispetto all’oggetto reale.

Nel caso di immagini reali il segno è sempre negativo, nel caso di immagini virtuali è positivo.

Nel caso particolare in cui S1 = ∞, si ottiene S2 = f ed M = −f / ∞ = 0.

Questo corrisponde ad un fascio collimato focalizzato in un punto alla distanza focale. La dimensione del punto non è nulla nella realtà per effetto della diffrazione.

 

Poiché nel caso della lente d’ingrandimento S1<f, M ha sempre segno positivo e quindi la lente d’ingrandimento dà un’immagine diritta ed ingrandita.

 

La formula precedente può essere applicata anche a lenti divergenti indicando la distanza focale con segno negativo.

 

 

Importante corollario: la lunghezza focale di una lente determina la dimensione dell’immagine proiettata sul piano focale.

 

Focali corte immagini piccole, focali lunghe immagini grandi. In altre parole, la dimensione di un oggetto in un’immagine, per una certa lunghezza focale, è la stessa indipendentemente dal formato del sensore o della pellicola. Vi cito, ad esempio, la luna piena che ha una dimensione di 1 mm per ogni 100 mm di focale. Perciò, se la riprendo con un 400 mm ho una luna alta 4 mm, che sono tanti su un sensore alto 15 mm (APS-C), un po’ meno su un sensore Full Frame (24 mm). A proposito, la focale è indipendente dal formato del sensore, è un elemento caratteristico della lente (o dell'obiettivo).

 

Andiamo ad analizzare alcuni casi tipici relativi ad un’immagine di un oggetto prodotta da una lente convergente. Indichiamo con f1 ed f2 i due fuochi principali della lente, quello prima della lente e quello dopo. Per una rappresentazione visiva fate riferimento alle figure riportate sopra.

 

L'immagine prodotta dipende dalla distanza dell'oggetto dalla lente e si presentano cinque casi:

 

  1. Oggetto distante dalla lente più del doppio della distanza focale: l'immagine è capovolta, rimpicciolita e posta dall'altra parte della lente tra f2 e 2f2;

  2. L'oggetto è ad una distanza doppia di quella focale: l'immagine è capovolta ma delle stesse dimensioni dell'oggetto, posta in 2f2;

  3. L'oggetto è fra 2f1 e f1: l'immagine è capovolta, ingrandita e ad una distanza maggiore del doppio di quella focale;

  4. Oggetto posto nel fuoco della lente: l'immagine appare all'infinito, ingrandita al massimo e capovolta;

  5. Oggetto posto tra il fuoco e la lente: l'immagine è virtuale e compare dalla stessa parte dell'oggetto, diritta e ingrandita rispetto ad esso.

 

Vi prego di notare come il caso 1 corrisponda alla fotografia di tutti i giorni, il caso 2 è quello della macro fino ad 1:1, il caso 3 è quello di ingrandimenti maggiori.

 

Conclusione

Con questo concludiamo la prima parte di questo piccolo trattato di ottica. Studiate bene che poi passeremo alle lenti spesse ed agli obiettivi, molto più vicini alla realtà delle lenti sottili che sono, però, indispensabili per capire alcuni meccanismi. Alla prossima

 


©2010 Aristide Torrelli