Aristide Torrelli, fotografo fine art
Il mondo attraverso i miei obiettivi: luce, tecnica e visione

Il sistema zonale ha ancora un posto nel bianco e nero digitale?



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La maggioranza dei fotografi è migrata dalla pellicola al digitale. Tuttavia il dibattito digitale/pellicola ancora continua, anche se la pellicola è ormai non più a livello del digitale (24 x 36 mm digitale contro 24 x 36 mm pellicola, mi raccomando, non confrontate il 24 x 36 mm digitale con una pellicola piana 10 x 12,5 cm scansita con scanner a tamburo. Avreste delle belle sorprese!).
Tuttavia ci sono dei concetti della pellicola che si possono applicare al digitale. Se avete fatto delle ricerche sul web sulla fotografia in bianco e nero, vi sarete sicuramente imbattuti nel Sistema Zonale, una tecnica per ottimizzare l’esposizione e lo sviluppo della pellicola bianco e nero. E’ associato a Ansel Adams (tutti dimenticano Fred Archer, coautore) ed è stato raffinato e sviluppato negli ultimi 70 anni. Di solito il Sistema Zonale si utilizzava con le pellicole piane che potevano essere sviluppate una a una. In realtà si può utilizzare anche con il rullino, basta cambiare rullino quando si cambiano i parametri di esposizione e sviluppo, per poter trattare in modo uniforme tutti i fotogrammi del rullino.
Il Sistema Zonale divide la luminosità in 11 Zone di grigio, dal nero puro (Zona 0) al bianco puro (Zona X). Adams creò anche il grigio medio standard per gli esposimetri.
Il mantra del Sistema Zonale era: “Esponi per le ombre, sviluppa per le luci”.

Le undici zone secondo Adams

Oggi, in digitale, è l’opposto: “Esponi per le luci (così non si bruciano e non perdiamo dettagli), sviluppa per le ombre (però rischiamo di far venir fuori del rumore)”.
Il Sistema Zonale ha sempre avuto due importanti elementi nella mia fotografia in bianco e nero. Uno era quello di pensare che tipo di stampa volessi ottenere in camera oscura, l’altro era la categorizzazione delle pellicole che utilizzavo.
Il Sistema Zonale è storia, ormai. e non consiglio di applicarlo tout court alla vostra fotografia in bianco e nero. Troverete decine di puristi che vi diranno che il bianco e nero si fa solo con il Sistema Zonale ma non credetegli, non è vero. Il processo di esposizione, sviluppo e stampa della pellicola è diverso da quel che si fa in digitale e quel che ha funzionato bene con la pellicola non è detto sia automaticamente trasferibile al digitale. I principi dell’esposizione e della gamma tonale sono certamente trasportabili ma non così la non linearità della pellicola. Pertanto, se non avete una storia con la pellicola, non vorrei tediarvi con i dettagli del Sistema Zonale. Come provocazione, invece, vorrei dirvi che:

1 - Il Sistema Zonale è l’HDR analogico;
2 - ETTR è il Sistema Zonale digitale.

Quando sono in campo per foto di paesaggio, uso un Sistema Zonale modificato in un modo che farebbe inorridire tutti quelli che vogliono un risultato perfetto già allo scatto, che è quanto di più falso possa essere detto e richiesto. I mie file raw sono solo il primo passo nel processo che mi porta a ottenere una stampa che mostri quel che ho provato al momento dello scatto. In linea di massima il concetto (il mio Sistema Zonale modificato) si può riassumere in: “Non togliere quel che pensi ti servirà”.
In pratica non sovraespongo in eccesso altrimenti perderei dettagli nelle alte luci e non sottoespongo per non perdere quelli nelle ombre. Espongo in modo da avere tutta la gamma tonale dell’immagine compresa nella gamma dinamica del sensore, senza perdere nulla. Magari l’immagine mi viene un po’ più chiara ma non m’importa. Ho tutto il tempo per sistemare le cose nella camera chiara.
Perciò questo modo di fare è tecnicamente simile al Sistema Zonale.
Un altro principio cardine del Sistema Zonale è la previsualizzazione, cioè prefigurarsi al momento dello scatto come verrà la stampa.

Previsualizzazione
Io solitamente lavoro con il treppiede. La mia previsualizzazione di quel che voglio creare si trova nella scena di fronte a me. L’immagine raw catturata dal sensore è solo un mucchio di dati che mi aspetta per creare una stampa. Stampa che funzionerà se evocherà le stesse sensazioni, o almeno alcune, che ho provato guardandola e decidendo di fotografarla. Non esistono mezzi toni o alte luci o ombre quando guardo alla scena. Guardo la struttura, le forme, i volumi. Il bilanciamento tonale viene dopo.
Potrei decidere che mi va bene che una parte di cielo sia bruciato, anche se a me piacciono le nuvole, perciò è difficile. L’unica cosa che voglio che sia perfetta al momento dello scatto è quello che non posso sistemare dopo: messa a fuoco, profondità di campo, ottica e focale utilizzate, la composizione (soprattutto!) …
Magari poi faccio un ritaglio (crop) dell’immagine, questo me lo concedo.

San Gregorio da Sassola, Roma

Un approccio personale
Tornando al Sistema Zonale utilizzato per la pellicola, posso dire che è un tentativo di codificare e controllare un mezzo di registrazione inerentemente non lineare, dove tante cose dovevano essere corrette dalla fase di esposizione a quella di sviluppo e stampa. Quando sviluppate una pellicola non avete una seconda occasione. Con il file raw potete fare lo sviluppo quante volte volete, magari con un nuovo e diverso software più evoluto! E’ come sviluppare la stessa pellicola con liquidi di sviluppo diversi e tempi diversi, ottenendo versioni diverse. Una libertà incredibile e mai goduta prima.
Usare il Sistema Zonale nel mio lavoro di paesaggista significa solo che ci sono due zone: dati bruciati (clipped) e dati buoni. Ci sarebbe poi una terza zona, quella delle ombre “rumorose”, che se contiene dati importanti ci dice che stiamo tentando di catturare una scena la cui gamma tonale eccede quella del sensore. In questo caso posso pensare di utilizzare altre tecniche come ad esempio l’HDR.
Ricordiamo che la bontà del Sistema Zonale, con buona pace dei fondamentalisti, non è più presente perché il concetto originale si appoggiava ai vari tipi di pellicola e di liquidi di sviluppo e alla risposta di queste combinazioni alla variazione dei tempi di sviluppo. Tutto questo funzionava bene con le emulsioni ai sali d’argento che avevano una curva caratteristica con un ginocchio e una spalla brevi. Parliamo degli anni ’40 e ’50. Poi sono cambiate le emulsioni e le risposte sono diventate diverse. Infine è arrivato il digitale.
Torniamo alla provocazione.

Il Sistema Zonale è l’HDR analogico. Il processo creato da Adams e Archer per l‘esposizione e lo sviluppo, gli permetteva di muovere le alte luci da una zona a un’altra, mappando effettivamente un tono da una zona a un’altra. E’ esattamente quello che fa il tonemapping dell’HDR.

ETTR è il Sistema Zonale digitale. E’ una forma di esposizione incrementata e sviluppo ridotto che ci permette di rimappare i toni da luminosità più elevate a meno elevate, esattamente come fa il Sistema Zonale. Chiaro che il Sistema Zonale ci permette di rimappare solo le alte luci (o le basse luci) mentre il digitale ci permette di operare su tutta la scala. Inoltre, mentre il Sistema Zonale si applicava solo al bianco e nero, oggi, con il digitale, possiamo applicare questi concetti anche alla fotografia a colori.

Per saperne di più sul Sistema Zonale e sul bianco e nero digitale, acquistate il mio libro Il workflow digitale per il bianco e nero

Alla fine, comunque, scopriamo che, pellicola o sensore, analogico o digitale, è cambiata la tecnologia, magari pure i metodi e le loro implementazioni, pure il lessico è cambiato ma una cosa è rimasta uguale a se stessa: la fotografia. Dalla sua creazione, abbiamo sempre lo stesso obiettivo: lo scatto e il suo risultato finale, la stampa!





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