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Ritagliare e inquadrare: come, quando e dove

 


 

In questo articolo non affronteremo la tecnica del ritaglio (cropping). Ne ho già parlato in un altro articolo (Il ritaglio in Lightroom) e comunque ogni software ha le sue peculiarità che vi invito ad esplorare.

Chiariamo subito il significato dei termini usati nel titolo:

 

Inquadrare significa impostare i bordi prima dello scatto; ritagliare significa farlo dopo.

 

 

Cosa vuole dire questa immagine?

 

E’ la prima domanda da farsi. Spesso il fotografo non ha chiaro questo concetto. Chiedetevi sempre: “Di cosa parla questa immagine? Cosa voglio dire di/con questo soggetto?”. Solo quando avete ben chiaro questo, potete procedere a ritagliare, e quindi interpretare, l’immagine.

Ricordate quella storia di Michelangelo che stava scolpendo il David e, alla domanda del Papa: “Come fai a sapere cosa togliere al blocco di pietra?” rispose: “E’ semplice, tolgo tutto quello che non assomiglia a David”.

Allora, una volta che avete presente il messaggio da esprimere con la vostra immagine, vi apparirà ben chiaro cosa ritagliare per arrivare alla vostra concettualizzazione. L’arte è sapere cosa c’è da togliere e come farlo.

Talvolta non c’è una risposta precisa e mi chiedo se lo scatto che ho fatto abbia un qualche merito. Molto spesso non ne ha alcuno. Però ci sono dei momenti dove tutto si incastra alla perfezione ed un’immagine merita delle rifiniture adeguate ed una bella stampa.

Il ritaglio non è un’azione che facciamo noi all’immagine ma qualcosa che l’immagine si fa da sola, quasi una richiesta di essere confinata in un certo spazio. Non è uno scherzo, le immagini migliori richiedono di essere racchiuse in una certa forma e questo le separa dalle altre.

 

 

Un vecchio adagio

 

Un vecchio adagio in fotografia dice che se le tue foto non sono buone è perché non sei abbastanza vicino. Molti pensano significhi che si deve scattare con un tele oppure fare dei primi piani. In realtà, secondo me, significa che, siccome ogni fotografia riguarda qualcosa, è compito del fotografo essere vicino (non in senso fisico ma come stato dell’anima) a questo qualcosa in modo che l’immagine contenga solo quello che la foto deve dire.

 

 

La tirannia dei formati

 

Come si trova la composizione ideale per una specifica fotografia? Come si decide il formato migliore per esprimere la bellezza di una specifica scena? La domanda è molto difficile ma si può provare a rispondere.

Sicuramente, trovare la composizione perfetta quando si è in campo, non è sempre facile. Talvolta è troppo sfidante vedere esattamente quale formato è il più adatto.

Le immagini “vogliono” una certa dimensione.

Nelle gallerie d’arte si vedono stampe e dipinti che vanno da dimensioni minuscole a pannelli di svariati metri, anche in formati circolari. Anche noi dobbiamo avere la stessa flessibilità. Non tutte le immagini devono essere stampate in dimensioni tali da poter essere viste da 10 metri di distanza.

In effetti non c’è molto di standard nella dimensione delle pellicole e della carta. Il rapporto tra i lati varia e di molto: rettangolari, quadrati, panoramici…

Ovviamente c’è una pletora di opinioni differenti tra i fotografi su quale sia il rapporto d’immagine preferito e preferibile.

Inoltre nasce anche un altro momento di scelta quando si tratta di stampare.

Il 24x36 mm è un formato introdotto dalla Leitz nel 1924 con la sua prima fotocamera (inventata da Oscar Barnack). In questa fotocamera veniva utilizzato come pellicola uno spezzone di film cinematografico. Il rapporto d’immagine era (ed è) 3:2.

Nelle compatte digitali abbiamo un formato d’immagine 4:3. Nelle medio formato abbiamo 1:1 (6x6 cm) piuttosto che 0,73 (645) o 0,78 (6x7).

Riducendo i rapporti d’immagine ad un numero abbiamo:

 

 

Dimensione     
Rapporto
24 x 36 mm / DSLR APS-C
2:3 = 0,66
645 (41 x 56 mm)
0,73 (circa 3:4)
Compatte 3:4
3:4 = 0,75
6x7 (55 x 70 mm)
0,78 (circa 3:4)
8x10/4x5
0,80
6x6 cm
1

 

 

Vi risparmio un’analoga tabella con i formati standard delle carte da stampa, penso che abbiate chiaro il concetto.

Eppure ci sono fotografi che insistono a stampare le loro immagini a pieno fotogramma, senza tagliarne alcuna parte. Mantengono la (supposta) santità del formato imposta dal costruttore. Poi ci sono quelli che insistono nello stampare esclusivamente in modo da adattarsi ai formati standard delle carte. Ma cosa pensano?

Ci sono fotografi contrari al ritaglio perché dicono di riuscire ad inquadrare alla perfezione ogni volta. Altri invece pensano che tutte le immagini dovrebbero adattarsi al formato della loro fotocamera. Altri ancora fanno entrambe le cose. Che stupidaggine.

E’ fin troppo chiaro che ci sono persone coinvolte nella fotografia che non hanno ben chiaro il concetto e la natura del ritaglio: perché si fa e come possa portare ad immagini più forti, più comunicative, con più significato.

Quello che segue è solo la mia opinione e funziona per me. Se non siete d’accordo o non funziona per voi, non importa ma forse non ci avete riflettuto abbastanza. Fatelo.

 

 

Mettiamoci d’accordo su alcuni punti

 

Non c’è una regola precisa nel cropping, è una decisione creativa che impatta sull’estetica dell’immagine e come tale deve essere affrontata. Nondimeno ci sono alcuni fattori da tenere in considerazione.

 

1)    Eliminare dei pixel contemporaneamente dall’altezza e dalla larghezza dell’immagine, significa che non potete fare delle stampe molto grandi e quindi, se possibile, dovrebbe essere evitato. Qualcuno potrebbe non essere d’accordo con il “se possibile”. In fondo è solo scarsa capacità tecnica se costringe a tagliare sui due lati. O no?

2)    Eliminare pixel da un solo lato cambia il rapporto d’immagine ed è come la religione: o ci credi o non ci credi ed il buon senso non c’entra.

3)    Tagliare ancora di più nella speranza di trovare una grande immagine da qualche parte è cosa da principianti e deve essere scoraggiata. Oltretutto non funziona (quasi) mai e tutti smettiamo di farlo, prima o poi.

 

Affrontiamo allora la storia del rapporto d’immagine. Certi fotografi ritengono che fare buone immagini sia già abbastanza difficile senza dover pensare ad infinite variazioni del rapporto tra i lati dell’immagine, da lunghi panorami a fotografie quadrate a immagini verticali. Preferiscono lavorare entro i confini del loro mirino. Questo, tra l’altro, gli fornisce un bordo contro il quale possono comporre.

Questi fotografi ammetteranno che ci sono delle immagini quadrate che loro non possono riprendere perché stanno scattando con fotocamere con rapporto tra i lati di 3:2 ma gradiscono la loro disciplina di lavorare con questo rapporto d’immagine. Un po’ come un fotografo in bianco e nero che dice che il colore è bello ma lui si concentra sulle meraviglie del monocromatico e perciò non dobbiamo disturbarlo con questi discorsi sul colore.

Questi fotografi detestano eliminare pixel, in qualsiasi lato.

Tradizionalmente (almeno nella mia esperienza) i fotografi nel formato 24 x 36 mm ritagliano spesso, quelli che usano il grande formato quasi mai, utilizzando tutta la superficie possibile della pellicola.

Stranamente, questi “utilizzo tutto il formato” ogni tanto cambiano fotocamera e, se quella nuova ha un rapporto d’immagine diverso, questo nuovo rapporto diventa la loro nuova religione e tutti gli altri rapporti d’immagine sono blasfemia. Perciò, ogni volta che cambiano formato, ecco una nuova blasfemia.

Adorano il rapporto d’immagine della fotocamera che utilizzano quel giorno: la 8x10 (20x25 cm) quando scattano vicino casa, la 5 x 7 (13 x 18 cm) se fanno escursioni brevi, la 4 x 5 (10 x 12 cm) per escursioni di più giorni e la 6x6 (è ancora più leggera) quando vanno all’estero. Ogni volta, però, si inchinano al mirino e al progettista della fotocamera per determinare il formato delle loro fotografie.

Per me è una grossa sciocchezza. Lo so, è facile comporre utilizzando i margini del mirino ma si possono utilizzare due pezzi di cartoncino a forma di L per avere un’infinità di rapporti d’immagine.

Se poi stiamo attaccando più immagini in una panoramica, allora non siamo per niente legati al rapporto d’immagine della fotocamera perché possiamo unire quante immagini vogliamo in un’infinità di rapporti d’immagine.

Non c’è nulla di più stupido che riquadrare accuratamente la scena nel mirino solo per accorgersi che nell’immagine catturata manca una piccola parte.

Alcune fotocamere inquadrano il 100% della scena ma non tutte lo fanno e i display LCD non sono l’ideale per un allineamento critico. Molto meglio lasciare un po’ di spazio per avere la garanzia di non aver perso nessuna parte importante dell’immagine. Un piccolo ritaglio al PC permetterà di ottenere un’inquadratura perfetta. E ricordate pure che un passe partout vi copre alcuni millimetri della stampa.

Può essere più semplice imparare a vedere secondo un particolare rapporto d’immagine ma trovo senza senso trovare buone fotografie e poi buttarne via la maggior parte perché non concordano con il rapporto d’immagine della mia fotocamera.

Anche peggio è forzare un’immagine nel rapporto d’immagine della vostra fotocamera, anche se sarebbe stata migliore in un rapporto differente (scommetto che non accade mai, vero?)

 

 

Ritagliare entrambi i lati

 

Si, si può fare ed io lo faccio, ogni tanto. In fondo io voglio creare l’immagine migliore possibile non la più grande. Se ritengo che ci sia un modo migliore per riquadrare un’immagine dopo lo scatto, sarebbe sciocco non farlo. Certo, se ogni volta operassi dei ritagli decisi (diciamo il 30%) su ogni lato, potrei certamente essere accusato di sciatteria. Ma piccoli ritagli ogni tanto, per rafforzare un’immagine, sono sicuramente ammissibili.

E poi ci sono situazioni in cui non hai scelta. Una volta avrei avuto bisogno di un 600 mm ma avevo “solo” un 400 mm. Un’altra volta mi sarebbero serviti 220 o 230 mm ma il mio zoom si ferma a 200. Se poi vi trovate sul bordo di edifici o di burroni, o su un ponte, penso che non ci siano molte scelte circa lo spostarsi per inquadrare meglio.

Talvolta, anche se molto raramente, taglio via metà immagine se penso che ciò che rimane è veramente valido.

Altre volte, riguardando l’immagine fotografata, scoprite che non è la migliore possibile e che ne racchiude una molto migliore. Perché non approfittarne?

Alcuni soggetti, poi, chiedono di essere fotografati con una panoramica ma il classico rapporto 1:3 (si ottiene unendo tre immagini 24 x 36 che si sovrappongono l’una all’altra per circa il 30% o 40%) è lungo e stretto. Se il soggetto rende meglio con un rapporto 1:2 (si ottiene unendo due sole immagini 24 x 36 che si sovrappongono l’una all’altra per circa il 30% o 40%) perché non usarlo?

 

 

Alcuni esempi

 

Due stagioni

 

Mi trovavo in una valle Toscana ad agosto 2009, più o meno al tramonto. Il cielo non era molto colorato ma le strisce di luce che percorrevano alcuni tratti della campagna erano molto belle e delicate. Creavano un effetto particolare, riscaldando alcune parti (vedi la zona in primo piano con il grano appena mietuto) e mettendole in forte contrasto cromatico con quelle zone in ombra e quindi più fredde, tendendo al verde/blu.

Il cielo non era il massimo, una linea bianca in alto ed ho preferito tagliare sopra la cima di una collina. Sono stato particolarmente attento a non tagliare la collina, altrimenti avremmo percepito questa forma tronca che ci avrebbe spostato lo sguardo verso l’alto. L’immagine gioca su questi contrasti caldo/freddo che partono dal basso e arrivano in alto passando per il casolare.

 

Foglie di fiume

Quando ho “intuito” questa immagine, stavo passeggiando sul bordo del Tevere. Sono stato colpito dal contrasto dei colori delle foglie, verde, giallo, marrone, e dalla pietra lì vicino. Inizialmente volevo creare un accostamento tra un oggetto inanimato, la roccia, e degli oggetti una volta vivi ed ora morti, le foglie. Quando ho esaminato l’immagine sul monitor, molti mesi dopo averla selezionata per essere lavorata, ci ho visto dentro un’immagine diversa, un contrasto tra i colori delle foglie, tutte gialle o marroni con un’unica macchia di verde. Ho perciò ritagliato decisamente l’immagine per ottenere quanto visto. Ho aggiunto un po’ di grana per dare consistenza, matericità all’immagine.

 

San Pietro al tramonto

In questa immagine ho ritagliato sia in verticale che in orizzontale. Dalla posizione dove mi trovavo, su un ponte, non potevo non inquadrarne la parte a destra nell’immagine. Mi sono sistemato in modo da inquadrare più che potevo del fiume, del ponte illuminato e di San Pietro, ben sapendo che avrei ritagliato dopo. Che rapporto tra i lati ha l’immagine? Sinceramente non lo so e non mi interessa. Non è quadrato ma gli è molto vicino e sta benissimo in una cornice rettangolare 40x50 cm con passe partout.

 

 

Foglia d’oro

Questa foto fa parte di una serie di scatti che ho fatto sul Lungotevere. Mi avevano affascinato le nervature delle foglie illuminate da dietro, da luci artificiali molto calde come temperatura di colore. L’immagine originale, però, non mi diceva un granché. Allora ho pensato a togliere un po’ di “confusione” dal lato sinistro dell’immagine, riducendola ad un formato quadrato. A questo punto ho deciso di convertire in bianco e nero tutta l’immagine tranne la foglia, che ho, come un alchimista, trasformato in oro e a cui ho evidenziato le tramature superficiali.

 

Conclusione

Una cosa vi chiedo ora: non andate a ritagliare tutte le foto che fate. Ragionateci sopra ed applicate la vostra vena creativa solo alle immagini che lo meritano.


©2010 Aristide Torrelli