Aristide Torrelli, fotografo fine art
Il mondo attraverso i miei obiettivi: luce, tecnica e visione

Nessuno ci riesce al primo colpo



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Nessuno ci riesce al primo colpo.
Nessuno.
Lo so, anche tu hai un amico che è stato fortunato nel 1989 o giù di lì.
Una foto.
Colpito e affondato.
Lo hai fatto anche tu, ricordi quella volta che hai sollevato la fotocamera e fatto uno scatto che ora è la tua fotografia preferita in assoluto? Ci pensi ogni volta che la vedi, visto che è appesa in salone (o dove l’hai appesa). Perciò prendi questo, Aristide, te, la Luce, la Tecnica e la Visione! A che ci serve tutto quel che ci racconti? Lo so come funziona, ci sono riuscito anch’io qualche volta, due o tre immagini che sfidavano le probabilità, una casualità assoluta. Ma non è così che si fotografa. Noi cerchiamo la ripetitività nel lavoro, la possibilità di fare ogni volta foto “belle”.
E allora? Le centinaia di immagini che sono la parte migliore del mio lavoro, sono state fatte tutte dopo averle “sbozzate”. Ogni fotografo ha il suo processo e quasi ogni immagine iconica che amiamo è il risultato di quel processo, affiancato ai provini a contatto (pellicola) o alle raccolte di Lightroom (digitale) di molte altre immagini che abbiamo scartato. Io chiamo il mio processo “sbozzatura”, cioè lavorare per approssimazioni successive. E’ un po’ come lavora un pittore, aggiungendo ogni volta qualcosa o togliendola per migliorare l’immagine.
Le prime immagini sono le fotografie che faccio per vedere come potrebbe venire il risultato. Provo angoli diversi, faccio la fotografia e vedo come mi “parla”. Cambio gli angoli fino a quando non mi sembra di aver trovato quello che esprime al meglio il mio messaggio. Durante il percorso potrei cambiare un obiettivo perché non era la prospettiva (che dipende dalla posizione) che non era giusta, ma l'obiettivo che non era quello più adatto.
E aspetto il momento, a volte intuendo che il mio soggetto è meglio espresso con una velocità dell'otturatore più lenta (magari voglio enfatizzare il movimento). Ci provo e valuto il risultato. Lo faccio velocemente, ma quelle immagini mi danno comunque un feedback. E lentamente, poco a poco, mi avvicino alla magia. Le immagini cattive diventano lentamente migliori e portano a buone immagini.
Altre persone, invece, mitragliano un mucchio di foto finché non ne viene una che gli va bene, poi guardano indietro a quei primi fotogrammi e pensano che facciano schifo. E potrebbero fare schifo. Ma non sono spazzatura. Sono passaggi necessari per raggiungere i fotogrammi migliori. Io a volte ho bisogno solo di 2 o 3 foto per raggiungere il risultato, a volte ne ho bisogno di 20. E a volte abbozzo qualcosa per un anno o più, tornando sul posto, senza mai riuscire a ottenere quel che voglio, la “mia” foto, ma avvicinandomi ogni volta di più.
Questo cambiamento di prospettiva, dal vedere le immagini preliminari come spazzatura a vederle importanti e preziose, ci permette di “giocarci”. Ci permette di essere meno critici nei loro confronti e invece di lasciarci guidare da esse. Cosa Ci piace di un fotogramma particolare? Cosa potremmo fare diversamente? Cosa non funziona e come possiamo escludere queste cose? Quali modifiche possiamo apportare per dare al soggetto la sua migliore espressione? C’è bisogno di aspettare una luce migliore? Momenti migliori? Dobbiamo cambiare prospettiva, obiettivo, velocità dell'otturatore?

Waves

Vedete la differenza di approccio? Uno, l'approccio "tutti i miei scatti sono una schifezza", porta alla frustrazione. L'altro, l'approccio "tutto ciò che sto realizzando mi sta avvicinando ad una migliore immagine finale", porta alla creatività, al gioco, alla sperimentazione e, in definitiva, a fotografie migliori. In più, mi rende anche una persona più felice. Ho centinaia di GB di immagini di bozze. Sono il nutrimento che mi ha portato alla mia manciata di fotografie che amo, quelle di cui sono veramente orgoglioso.
Le bozze mi mostrano i miei progressi in termini in cui gigabyte di "errori" o "schifo" non potrebbero. Questo approccio ci fa progredire e lo faremo anche più velocemente se impariamo dai nostri primi sforzi.
Nessuno scrittore si siede e scrive un romanzo o una sceneggiatura o addirittura un articolo in un’unica semplice bozza, al primo colpo. Fanno molte false partenze e prime bozze (quasi) illeggibili. Ma quelle bozze sono pietre miliari necessarie. Sono fermate senza le quali il libro o il film non si può creare mai. Ecco come vedo lo sbozzare le immagini. Non un innaffiare di scatti un soggetto, premendo senza pietà il pulsante di scatto. Ma la maggior parte di voi non appartiene a questa categoria, lo so, altrimenti non mi leggereste.
Non mi preoccupa che stiate producendo troppe immagini; mi preoccupa che non ne stiate facendo abbastanza. Mi preoccupa che vi fermiate dopo un paio di fotogrammi, scrollando le spalle e mettendo giù la macchina fotografica perché "non funziona." Mi preoccupa che pensiate sia una mancanza di talento o semplicemente che non abbiate "l'occhio" che hanno gli altri. Sciocchezze, è solo che non state lavorando nel modo corretto. Vi state arrendendo troppo presto.
Sono tornato a casa da uno dei miei viaggi in USA con oltre 5000 immagini che non mostrerò mai al mondo. Ma dovevo farle per arrivare alle 40 o 50 che amo e che mostro con orgoglio. Non sto cercando di giustificarmi. Mi piacciono queste bozze, perché senza di loro non sarei mai arrivato alle mie fotografie finali. Il cosiddetto tasso di insuccesso (o successo) non ha importanza. Il mio peggiora quando sono più disposto a sperimentare e provare cose nuove, preoccupandomi meno di ogni singolo fotogramma e di più su dove potrebbero portarmi. E quindi scatto molto. Non c'è una medaglia per l'artista con il processo più pulito e più “pettinato”, come direbbe Chef Rubio. Non c’è alcun premio per l'utilizzo di un numero minore di schede di memoria. Nessuno ci giudicherà per le immagini che non mostreremo mai. L'unica cosa che conta è che facciamo il miglior lavoro possibile e che ci fidiamo di qualunque processo, disordinato o meno, che ci porti a quel risultato.





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