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Le aberrazioni

 


 

Le aberrazioni sono il risultato delle differenze tra i principi che sostengono l'ottica geometrica e la realtà.

Sono causate da imperfezioni o compromessi costruttivi e possono essere ridotte utilizzando materiali migliori, lavorando in modo particolare le ottiche, accoppiando componenti diversi, ecc.

Tutto ciò che è stato detto fino ad adesso era basato su due principali approssimazioni:

Se queste approssimazioni sono valide, l'immagine di un oggetto piano ortogonale all'asse ottico deve avere queste caratteristiche:

In realtà, l'indice di rifrazione di ogni mezzo si riferisce sempre ad una luce monocromatica, avente una ben precisa lunghezza d'onda. Se cambia la lunghezza d'onda della luce cambia anche l'indice di rifrazione.

Inoltre, le lenti non hanno superfici piane e parallele, ma sono calotte sferiche.

Queste differenze con la situazione ideale introducono delle aberrazioni che riguardano la natura della luce e dipendono dalla forma della lente. Esse rendono l’immagine di un oggetto piano:

Una classificazione dei raggi in un sistema ottico

In figura vediamo un semplice sistema ottico (una lente) e i tre assi cartesiani X, Y e Z. I raggi luminosi si classificheranno in base al piano in cui giacciono ed alla intersezione con vari elementi del sistema ottico.

 

Principali aberrazioni

Le aberrazioni si possono schematizzare secondo una classificazione in base al colore della luce (monocromatica o policromatica) e al tipo di oggetto ripreso, se puntiforme (assiali) o esteso (extra assiali). Le definizioni sono le seguenti:

In tabella vediamo i possibili tipi di aberrazione, classificati come detto:

 

Aberrazioni assiali

Aberrazioni extra assiali

Aberrazioni policromatiche

Aberrazione cromatica assiale

Aberrazione cromatica laterale

Aberrazioni monocromatiche

Aberrazione sferica

Coma, astigmatismo dei fasci obliqui, distorsione, curvatura di campo

Altri fenomeni ottici aberranti sono la diffrazione e la vignettatura.

Le cinque aberrazioni monocromatiche sono conosciute come aberrazioni di Seidel, cosiddette perché studiate da Ludwig von Seidel e pubblicate in un testo del 1857. Derivano tutte dall'approssimazione di

e

Se trascuriamo tutti i termini oltre il primo, abbiamo l'ottica di primo ordine, quella in cui sin(x) = x, cos(x) = 1 e tutte le lenti sono perfette.

Se aggiungiamo i termini x2 e x3, abbiamo l'ottica di terzo ordine, dove troviamo le aberrazioni di Seidel. Le aberrazioni di Seidel dipendono dal diametro dell'apertura fisica del diaframma (D) e dalla distanza dal centro dell'immagine sul piano del sensore o della pellicola (Y). La tabella successiva riporta il modo in cui c'è la dipendenza, se è lineare, quadratica o cubica ovvero se, come nel caso della distorsione, non c'è dipendenza dal diaframma (segno -) ma solo dalla distanza dal centro dell'immagine. Alle cinque aberrazioni di Seidel ho aggiunto le altre due che stiamo trattando, l'aberrazione cromatica assiale e l'aberrazione cromatica laterale.

Aberrazione sferica  

D3   

−  

Coma

D2

Y

Astigmatismo

D

Y2

Curvatura di campo

D

Y2

Distorsione

Y2

Aberrazione cromatica assiale

D 

Aberrazione cromatica laterale

Y

Dipendenza delle aberrazioni da D e Y

 

Andiamo a vedere le aberrazioni una ad una. Per la diffrazione vi rimando al mio articolo sull'argomento.

 

Aberrazione cromatica

Quando un raggio di luce bianca colpisce un prisma, il raggio di luce bianca viene scomposto nelle sue componenti (le diverse lunghezze d'onda della luce visibile), i colori.

Tipicamente l'aberrazione cromatica si manifesta come un alone attorno all'oggetto osservato, rosso da una parte e blu dall'altra. Questo perché rosso e blu sono ai due estremi dello spettro visibile, e sono quindi i colori per i quali la differenza di rifrazione è maggiore.

Il fenomeno della rifrazione, infatti, devia il percorso della luce incidente di un angolo che varia anche in funzione della lunghezza d'onda della radiazione. Esattamente come un prisma scompone la luce bianca nelle sue componenti, così anche una lente convergente avrà diversi punti di fuoco a seconda della lunghezza d'onda della luce incidente e creerà un'immagine con indesiderabili aloni colorati. Minore sarà la lunghezza d'onda della luce, più vicino alla lente sarà il fuoco.

Questo accade perché l'indice di rifrazione dipende non solo dal mezzo che la luce attraversa, ma anche dalla lunghezza d'onda della luce stessa.

Immaginiamo che cosa accade quando un raggio di luce bianca, parallelo all'asse ottico, attraversa la lente: esso verrà scomposto nelle sue componenti e queste andranno a focalizzarsi in punti diversi lungo l'asse ottico, più vicine alla lente quelle azzurre, più lontane quelle rosse.

Quella che abbiamo appena descritta è l'aberrazione cromatica assiale.

La curva caratteristica che descrive l'aberrazione cromatica lineare mostra lo scostamento in frazioni di millimetro della messa a fuoco rispetto al piano focale. Tale curva è tracciata in funzione delle diverse lunghezze d'onda della luce, dal blu al rosso.

Un obiettivo è tanto più corretto dall'aberrazione cromatica quanto più la curva che la descrive si mantiene prossima allo zero.

Se invece il raggio di luce colpisce obliquamente la lente, le diverse lunghezze d'onda - rifratte secondo angoli differenti - si focalizzano in punti diversi del piano focale, dando origine a sfrangiature colorate intorno ai punti immagine. Un punto di luce bianca appare così come un grappolo di cerchietti colorati. Si parla in questo caso di aberrazione cromatica laterale (o extra assiale).

 

Nel 1733 Chester Moore Hall pensò che fosse possibile correggere l'aberrazione cromatica unendo insieme due lenti, una convergente ed una divergente di minor potere, in modo che l'insieme restasse convergente: il doppietto acromatico.
Nel corso degli anni il doppietto acromatico migliorò le sue prestazioni, finché Fraunhofer, nel secolo successivo, non ebbe l'idea di costruire le due lenti con vetri diversi, aventi però un diverso indice di dispersione. Un elemento sarebbe stato realizzato con vetro crown, l'altro con vetro flint.

Un doppietto acromatico il cui elemento positivo viene "spezzato" in due parti, posizionate alle estremità del sistema con in mezzo l'elemento negativo, costituisce il tripletto di Cooke, base degli schemi Tessar ancor oggi utilizzati.

Il ricorso al doppietto acromatico corregge l'aberrazione in base a due colori fondamentali. Tuttavia, anche se il progettista porta a coincidere perfettamente le righe blu e rosse dello spettro, le restanti righe rimangono leggermente sfasate, dato che la correzione cromatica del vetro flint non è lineare per tutte le lunghezze d'onda. Per cui, mettendo a fuoco per la lunghezza d'onda a cui l'occhio è più sensibile (il giallo/verde, intorno ai 0,56 micron), il rosso e il blu appariranno leggermente sfocati.

Si può anche utilizzare un tripletto acromatico (tre lenti), rendendo più complesso e raffinato lo schema ottico. L'aberrazione policromatica può essere in questo modo grandemente ridotta, ma non del tutto eliminata.

Per eliminare totalmente tale aberrazione, si ricorre a vetri speciali a bassa dispersione (vetri alla fluorite o alle terre rare) e si porta la correzione su tre lunghezze d'onda. Si hanno così gli obiettivi apocromatici.

Il fotografo può correggere l'aberrazione cromatica assiale (ma non quella laterale) chiudendo il diaframma, in modo che la profondità di fuoco così ottenuta comprenda al suo interno anche i punti immagine che non giacciono sul piano focale, ma che si focalizzano davanti o dietro ad esso.

Per un raggio di luce monocromatico non ha ovviamente senso parlare di aberrazione cromatica.

 

 Aberrazione cromatica: i bordi delle foglie appaiono blu invece che verdi.

 

 

Aberrazione sferica

L'aberrazione sferica è un aberrazione che appartiene a sistemi ottici con lenti sferiche. Queste portano alla formazione di un’immagine distorta.

È provocato dal fatto che la sfera non è la superficie ideale per realizzare una lente, ma è comunemente usata per semplicità costruttiva. I raggi distanti dall'asse vengono focalizzati ad una distanza più prossima alla lente rispetto a quelli più centrali.

Aberrazione sferica di una lente convergente


Per evitare il fenomeno si utilizzano particolari lenti non sferiche, chiamate asferiche, più complesse da realizzare e molto costose.
Le lenti asferiche presentano una curvatura non costante allo scopo di deviare i raggi luminosi facendoli convergere tutti in un unico punto. Quelle in resina, prodotte per stampaggio e pertanto economiche, hanno sostituito, in molti obiettivi, le lenti asferiche in vetro ottico, che richiedono una lavorazione parzialmente manuale e sono molto più costose.

Lente semplice

Lente asferica

L'immagine che si forma in seguito a questo fenomeno è quella di un doppio cono luminoso unito per le punte da un bastoncello la lunghezza del quale può essere assunta come misura dell’aberrazione sferica trasversale. Questa particolare immagine viene chiamata caustica di rifrazione.

Abbinando una lente positiva con una negativa di minor potere (in modo che l'insieme rimanga positivo) è possibile far sì che le due aberrazioni sferiche si sommino algebricamente, annullandosi. In questo modo si portano tanto i raggi rifratti presso i bordi quanto i raggi rifratti presso il centro a convergere in un unico punto.

Data la natura dell'aberrazione sferica, è facile capire come le lenti spesse ne siano affette più che non le lenti sottili. E poiché molti obiettivi grandangolari sono caratterizzati da lenti spesse, si capisce perché sia più difficile correggere l'aberrazione sferica nei grandangolari. Possiamo ridurre l'aberrazione sferica chiudendo il diaframma: ancora una volta (come nell'aberrazione cromatica assiale), la profondità di fuoco così ottenuta comprende al suo interno i diversi punti immagine sparpagliati lungo l'asse ottico.

 

Distorsione

La distorsione ottica si verifica nel momento in cui ai punti del piano oggetto costituenti una certa figura corrispondono immagini che non costituiscono una figura simile. Questo fenomeno è dovuto in buona parte al fatto che le superfici esterne delle lenti sono curve o sferiche.

La distorsione provoca un incurvamento delle linee trasversali dell'immagine derivante dal variare della distanza dall'asse di ripresa. La distorsione a cuscinetto fa sì che le linee trasversali si incurvino verso il centro; la distorsione a barilotto le rende curve verso l'esterno.

La curva che rappresenta la distorsione si disegna su un diagramma che sull'asse orizzontale riporta la distanza dal centro dell'immagine in millimetri e sull'asse verticale l'entità della distorsione calcolata in percentuale dell'altezza dell'immagine. Quanto più la curva assume valori bassi, prossimi allo zero, tanto più la distorsione è corretta. Valori positivi indicano distorsione e cuscinetto, valori negativi distorsione a barilotto.

Per correggere la distorsione si adottano sistemi ottici simmetrici in modo che in essi si introducano distorsioni di segno contrario, che annullino la distorsione globalmente presente nell'immagine.

Gli obiettivi moderni sono generalmente ben corretti dalla distorsione, salvo poche eccezioni. Si tratta comunque di un difetto poco importante per chi fotografa persone o paesaggi, ma che diventa pregiudiziale nella fotografia di architettura o nella riproduzione di documenti. La distorsione deve essere corretta in fase di progettazione. Nel caso non lo fosse, si può sempre intervenire in postproduzione mediante strumenti software come Photoshop o Lightroom o, addirittura, strumenti dedicati come PTLens o DxO che incorporano un database con i valori di distorsione di una gran quantità di obiettivi. Permettono quindi una correzione perfetta.

 

Coma

La coma è un’aberrazione ottica che deriva il suo nome dal caratteristico aspetto a cometa delle immagini create dai sistemi ottici che presentano tale difetto. 

 

La coma si ha quando l'oggetto ripreso è spostato lateralmente rispetto all'asse del sistema di un angolo θ. I raggi che passano per il centro di una lente con distanza focale f, sono focalizzati alla distanza f tan θ. I raggi che passano in periferia sono focalizzati invece in un punto diverso sull'asse, più lontano nel caso della coma positiva (coma esterna) e più vicino nella coma negativa (coma interna).
In generale, un fascio di raggi passanti per la lente ad una certa distanza dal centro, è focalizzato in una forma ad anello sul piano focale. La sovrapposizione di questi diversi anelli origina una forma a V, simile alla coda di una cometa (da cui il nome: in latino coma significa chioma).
Come per l'aberrazione sferica, la coma può essere ridotta scegliendo opportunamente la curvatura delle lenti in funzione dell'uso.

La correzione della coma è complessa, anche perché alla coma del terzo ordine (una delle aberrazioni di Seidel) si aggiungono quelle di ordine superiore. La coma ellittica, ad esempio, appartiene alle aberrazioni del quinto ordine. Essa genera anelli luminosi non circolari.

 

Curvatura di campo

La curvatura di campo è un'aberrazione monocromatica extra assiale coniugata all'astigmatismo dei fasci obliqui. Nonostante l'eliminazione dell'astigmatismo dei fasci obliqui, l'immagine di un oggetto piano, che sia perpendicolare all'asse ottico, si forma comunque su una superficie curva, la superficie di Petzval. La deviazione indotta dal piano immagine viene quindi definita curvatura di campo.

 

Astigmatismo dei fasci obliqui

Poiché la lente è una calotta sferica, i diversi punti immagine non si focalizzano su una superficie piana, ma su una superficie sferica, chiamata superficie di Petzval. Questo difetto si chiama curvatura di campo. La somma di Petzval indica il raggio di curvatura di questa superficie sferica, che può essere concava o convessa, a seconda che la somma di Petzval sia positiva o negativa. I normali obiettivi anastigmatici (come ad esempio gli schemi simmetrici e i derivati dal tripletto di Cooke) sono caratterizzati da una somma di Petzval positiva: la calotta sferica appare concava. Al contrario in certi schemi a teleobiettivo la somma di Petzval, negativa, rende convessa la superficie sferica. Non potendo incurvare la pellicola o il sensore, il progettista deve fare in modo che la somma di Petzval risulti il più possibile vicina allo zero. Ma poiché in questo modo si provoca l'insorgere di altre aberrazioni, prima fra tutte l'astigmatismo, ecco che si rende necessario progettare l’ottica in modo da raggiungere un ragionevole compromesso fra aberrazioni diverse che fra loro si compensano. Nel caso in questione la curvatura di campo viene corretta introducendo un moderato grado di astigmatismo.

L’astigmatismo dei fasci obliqui è funzione di:

Qualsiasi punto oggetto, perpendicolare all'asse ottico, viene a creare, a causa di questa aberrazione, due superfici immagine curve, invece di un singolo piano immagine.

Un inciso da fare è legato alla differenza di planeità tra il sensore e la pellicola. La pellicola veniva tenuta piana da un semplice pressa pellicola che, nel tempo, poteva presentare dei giochi, delle tolleranze (parliamo pur sempre di un componente economico di una fotocamera). I sensori sono montati con tolleranze veramente ridotte e non hanno difetti di planeità, né in origine né nel tempo. Inoltre, la pellicola aveva uno spessore relativo ai tre strati sensibili, cosa che aumentava la profondità di fuoco. Il sensore ha uno spessore nullo.

Questo significa che in digitale vengono fuori tutti i difetti di un’ottica, cose che la pellicola nascondeva. Ma le nascondeva per inferiorità tecnica, non per bontà d’animo.

In fase di ripresa, l'aumentata profondità focale derivante dalla diaframmatura è in grado di ridurre gli effetti di coma e astigmatismo.

 

 

In figura si vede bene l’astigmatismo dei fasci obliqui conseguente alla curvatura di campo. Tenete presente che un cono di raggi che interseca la lente genera una sezione ellittica, non circolare. Abbiamo allora il fuoco tangenziale, generato dai raggi sagittali ed il fuoco sagittale, generato dai raggi tangenziali. In particolare, per il fuoco tangenziale, i raggi sagittali non si focalizzano in un punto ma formano una linea giacente sul piano sagittale. Per il fuoco sagittale, analogamente, i raggi tangenziali non si focalizzano in un punto ma formano una linea giacente sul piano tangenziale.

Attenzione che curvatura di campo e astigmatismo vanno sempre riferiti a una determinata apertura relativa.

Occorre sottolineare, poi, un fatto importante, che solitamente è ignorato, e cioè che la correzione di questo tipo di astigmatismo avviene tenendo conto del formato di ripresa che ogni obiettivo è destinato a coprire. Ne consegue che è importante utilizzare obiettivi progettati per il formato che si sta usando. Utilizzare obiettivi progettati per un formato molto superiore causerebbe un calo di qualità dovuto al fatto che l'astigmatismo viene calcolato in modo da evitare grosse perdite ai bordi, sacrificando leggermente la resa nella zona centrale: il problema è che la zona centrale è proprio quella che si usa montando un obiettivo su un apparecchio di formato più piccolo.
 

Vignettatura/Caduta di luce

Qualunque sistema ottico attraversato dalla luce genera, sul piano focale, una differenza di illuminazione fra centro e bordi del campo. Questo fenomeno, detto semplicemente caduta di luce ai bordi, dipende dalle leggi dell'ottica geometrica e non è imputabile ad una cattiva progettazione. Il fenomeno è di solito più evidente negli obiettivi di corta focale, nei quali la differenza di illuminazione può raggiungere i due EV tra centro e bordi.

La predizione di questo fenomeno per una lente reale non è cosa semplice. Però, se accettiamo alcune semplificazioni, possiamo mostrare che la legge del coseno alla quarta (cos4 Θ) approssima molto ben il fenomeno della caduta di luce ai bordi dell’immagine.

 

La dipendenza dal coseno non ha origini sovrannaturali ma, molto più semplicemente, dipende dal fatto che un raggio di luce non arriva sempre ad angolo retto con la superficie del sensore. In questo caso la luce finisce su una superficie più grande di quella che su cui cadrebbe se arrivasse ad angolo retto e quindi si riduce l’illuminazione. Immaginate di avere un raggio di luce che ha un flusso luminoso di 100 lumen ed una sezione di 1 cm2. La densità luminosa del flusso è quindi di 100 lumen per cm2.

 

Se il fascio arriva ad un angolo di 45° rispetto alla normale (la direzione perpendicolare alla superficie), illuminerà un’area di 1 cm x 1.414 cm. Dal momento che un flusso di 100 lumen si spande su 1.414 cm2 di superficie, l’illuminazione risultante sulla superficie è di circa 70.7 lumen per cm2 (il coseno di 45° vale circa  0.707).

Ovviamente ci sono altri fattori influenzanti, che portano alla quarta potenza del coseno e non ad un coseno semplice.

Due di questi sono le posizioni delle pupille, quella d’entrata e quella d’uscita.

Le pupille non sono fori fisici ma creazioni virtuali degli elementi ottici anteriori e posteriori al diaframma. Mediante una progettazione opportuna, il progettista può far si che l’area proiettata decada più lentamente del cos Θ per l’osservazione fuori asse, riducendo così la caduta di luce ai bordi.

 

Va detto che un uso controllato della vignettatura serve al progettista per tenere sotto controllo certe aberrazioni extra assiali.

Il valore della caduta di luce viene sempre riferito a una ben precisa apertura relativa, dato che il fenomeno diventa sempre meno evidente col chiudersi del diaframma.

 

Non bisogna confondere questa vignettatura con la vignettatura meccanica provocata dal fotografo, che può essere provocata, ad esempio, da un paraluce troppo stretto o da un obiettivo decentrato o basculato oltre il cerchio di copertura.

 

 

Conclusione

 

Siamo giunti alla fine della terza parte della serie. Completeremo con la storia degli schemi ottici. Alla prossima

 


©2010 Aristide Torrelli