Il bilanciamento del bianco
Per capire bene cos'è il bilanciamento del bianco e come
viene implementato nelle moderne macchine digitali, esporrò vari concetti di
base relativi alla temperatura di colore e altri argomenti correlati. Ovviamente
non è necessario leggerli tutti o impararli, potete anche saltare alle sezioni
che vi interessano. Tuttavia un'attenta lettura vi faciliterà nella comprensione
di alcune particolarità del bilanciamento del bianco.
La temperatura di colore
Il kelvin (simbolo K) è un'unità incrementale
della temperatura ed è una delle sette unità di misura di base
del Sistema Internazionale. La scala Kelvin è una scala di
temepratura assoluta, dove lo zero assoluto ( che vale -273,15
°C ), la temperatura più fredda possibile, equivale a zero
kelvin (0 K).
La scala Kelvin e l'unità kelvin si chiamano
così dal fisico ed ingegnere William Thomson, primo barone di
Kelvin (1824 - 1907), che per primo scrisse della necessità di
una scala termometrica assoluta.
Avrete notato come quando parlo di scala Kelvin uso la K
maiuscola, quando parlo di unità uso la k minuscola. Non è un
caso. Se la parola si usa come aggettivo allora è Kelvin (come
in scala Kelvin), se si usa come unità allora è kelvin. Il
simbolo da usare è K, senza ° o la parola gradi. Quindi 273 K e
non 273 °K! Queste non sono mie invenzioni ma sono convenzioni
stabilite nel 1967-1968 ad un convegno internazionale su pesi e
misure.
Il kelvin è usato come misura della temperatura di colore
delle sorgenti di luce. La temperatura di colore si basa sul
concetto che un corpo nero radiante emette luce il cui colore è
correlato alla temperatura del corpo nero stesso. Corpi neri con
temperature sotto i 4000 K appaiono rossastri mentre quelli
oltre i 7500 / 8000 K appaiono bluastri. La luce del giorno ha
una temperatura di colore di circa 5500 K.
1800K
4000K
5500K
8000K
12000K
16000K
Questo diagramma è qualitativo. Una rappresentazione
colorimetricamente più corretta si trova
qui.
Lo spazio cromatico
CIE 1931 , con la curva della cromaticità del corpo nero a
varie temperature e le linee correlate a temperatura di colore
costante
Alcuni esempi:
- 1700 K: Fiammifero
- 1850 K: Candela
- 2800 K: Lampada ad incandescenza (tungsteno)
- 3400 K: Lampade da studio
- 4100 K: Luce della luna
- 5000 K: Luce del giorno
- 5500 K: Luce del flash elettronico
- 6500 K: Luce del giorno
- 9300 K: Schermo TV a tubo catodico
I 5000 K e 6500 K si chiamano D50 (Standard Americano) e D65
(Standard Europeo) nelle professioni che hanno a che fare con la
luce.
Quello che si nota è che il blu è il colore più caldo mentre
il rosso è il più freddo. Questo è esattamente il contrario
dell'associazione tradizionale, dovuta all'osservazione di
fenomeni fisici come lo scaldare il metallo. Scaldando un
metallo lo si vede diventare rosso ma rosso è il più freddo dei
colori, il primo ad essere emesso quando la temperatura sale.
Avete notato che aumentando la temperatura il metallo diventa
bianco?
La parola temperatura di colore a volte viene usata come
bilanciamento del bianco. Attenzione che non è la stessa cosa.
La temperatura di colore ha un solo grado di libertà (aumenta o
diminuisce), il bilanciamento del bianco ne ha due.
Il mired è un altro modo di misurare in fotografia. Mired
significa micro reciprocal degrees e mired e temperatura di
colore sono convertibili l'uno nell'altro con una semplice
formula.
Mired, chi era costui?
Il mired (M) è un'unità di misura che si usa per esprimere la
temperatura di colore. La sua formula è:
dove M è il valore in mired e T è la temperatura di colore in
kelvin.
Quindi, un cielo blu con T = 25000 avrà M = 40.
La praticità del mired sta nel suo utilizzo per indicare la
densità di un filtro di correzione per una certa pellicola e una
certa sorgente di luce.
La formula inversa:
permette di passare da mired a temperatura di colore. Così
100 M equivalgono a 10000 K.
Perchè?
L'occhio umano è in grado di riconoscere minimi ammontare di saturazione del
colore. Se un grigio viene mescolato con il giallo o l'arancio, si scalda. Se lo
mescoliamo con il blu si fredda.
E' per questo che il bilanciamento del bianco è importante, per non
modificare la saturazione dei colori.
|
Grigio caldo |
Grigio freddo |
con il 6% di giallo |
con il 6% di blu |
Una situazione tipica è la ripresa in ombra scoperta. Se state riprendendo un
soggetto in pieno giorno, in una giornata luminosa, all'ombra di un edificio,
il soggetto verrà illuminato dalla luce riflessa dal cielo. Avrà quindi una
vistosa dominante blu. Stessa cosa se lo piazzate sotto un albero, solo che la
dominante sarà verde.
Capita l'importanza di "fare il bianco"?
Come si fa con la
pellicola?
Se la luce e la pellicola non sono bilanciate si deve ricorrere
a filtri. Questi sono identificati da numeri (famosi i filtri
Wratten, venduti da Kodak dal 1912) e non tutti i produttori
usano gli stessi numeri. Il filtro 80A permette di usare
pellicola per luce diurna in condizioni di luce al tungsteno. Il
filtro 85B permette di usare pellicola per luce al tungsteno in
condizioni di luce diurna.
Le moderne fotocamere digitali
hanno ridotto in maniera considerevole l'utilizzo di questi
filtri.
Come viene eseguito dalle
moderne fotocamere digitali
Nelle
fotocamere digitali, essendo presente un filtro di Bayer davanti al sensore,
vengono analizzate le tre componenti cromatiche fondamentali dell'immagine, i
canali rosso, verde e blu. Pertanto basta compensare due dei tre canali per
ottenere il bilanciamento. Il problema è quello di trovare un riferimento
neutro. Questo si può ottenere in tre modi:
-
il
fotografo presenta alla fotocamera un riferimento neutro e bilancia il
bianco manualmente;
-
il
fotografo imposta sulla macchina il tipo di sorgente luminosa presente (daylight,
tungsten...);
-
Il
fotografo lascia alla macchina il compito di determinare la qualità
della luce.
Si capisce
subito che il caso 1 è quello più preciso, tuttavia buoni risultati si ottengono
anche con le opzioni 2 o 3. Faccio osservare che questa necessità di bilanciare
il bianco si sente soprattutto scattando in JPG, perchè è molto difficile, per
non dire impossibile, correggere forti dominanti cromatiche senza toccare la
qualità dell'immagine. Il raw ci aiuta molto in questo, come vedremo dopo.
Alcuni perfezionisti dicono che il bilanciamento del bianco non corretto sposta
leggermente l'istogramma in ripresa e quindi sarebbe opportuno bilanciare sempre
il bianco anche scattando in raw. Io non ho mai avuto questo problema (utilizzo
il bilanciamento automatico) nelle migliaia di scatti effettuati ad oggi.
Perciò, se scattate in raw fate pure bilanciare il bianco alla macchina:
eventuali correzioni le faremo in postproduzione. Se scattate in JPG (orrore!)
allora tutto dipende dal tipo di foto che fate e, quindi, dal tempo che avete.
Per foto d'azione fate fare tutto alla macchina, per foto pensate potete
bilanciare il bianco manualmente.
Ora vediamo
di capire come una moderna macchina digitale effettui l'operazione di
bilanciamento automatico del bianco. Tutto quello che dirò è frutto di mie
indagini e pensate, visto che i produttori mantengono il più stretto riserbo
sugli algoritmi di processamento dei segnali all'interno delle loro fotocamere.
Il sistema che ho seguito è questo: effettuare degli scatti notturni in JPG e
CRW (il formato grezzo Canon) e anche alcuni scatti con una compatta digitale (Canon
Digital IXUS 400). Le immagini sono state scattate sia con il bilanciamento
automatico che con quello scelto sulla fotocamera in base alle condizioni di
ripresa. I file grezzi li ho convertiti con Rawshooter Premium e li ho portati
in Photoshop nello spazio Lab per poter esaminare il solo canale della luminanza,
senza alcun colore che interferisse.
I sistemi per
bilanciare il bianco, ovvero per cambiare i canali in modo da avere l'equilibrio
cromatico, sono sostanzialmente due: amplificare elettronicamente, in fase di
ripresa, uno o due dei tre canali oppure lavorare sui "numeri" che compongono il
file immagine, a valle della conversione analogico/digitale.
Le immagini
scattate con la mia Canon 30D, sia in raw che JPG, mostrano (almeno ai miei
occhi) che il software Canon interviene in maniera software sul file generato.
Infatti, sia il JPG che il RAW mostrano il medesimo livello di luminanza, senza
alcun incremento di rumore provocato dall'amplificazione analogica che, quindi,
non viene utilizzata per bilanciare il bianco.
Con la
compatta ho osservato un comportamento curioso: scattando in totale automatismo,
ho rilevato differenti parametri d'esposizione per la stessa scena con
bilanciamento del bianco diverso. Sembra come se la fotocamera, non potendo
amplificare o elaborare oltre certi limiti, aumenti il flusso in ingresso
aumentando il tempo di esposizione. Comunque, con la compatta ho rilevato che
viene utilizzato il sistema di amplificare uno o due dei tre canali (di solito
il canale del blu).
Questi
comportamenti sono buoni o cattivi? Ritengo di poter dire che le scelte dei
costruttori non impattano, dal punto di vista del rumore, più di tanto
sull'operatività, insomma, va bene così. Io tuttavia, scattando in raw posso
intervenire a posteriori e questo sì che è un vantaggio. Immaginate infatti di
aver effettuato una serie di scatti a luce artificiale e poi, dimenticando di
cambiare l'impostazione del bilanciamento del bianco, scattate delle immagini in
luce diurna. Avrete certamente molto da fare ad eliminare dominanti cromatiche,
e chissà se riuscirete a farlo senza intaccare la qualità dell'immagine. La
risposta è no, se ve lo state chiedendo.
Allora uso il raw!
Come funziona
con il raw? Il file contiene i dati elementari provenienti dal sensore e le
informazioni relative al bilanciamento del bianco. A questo punto è il software
di "sviluppo" che applica queste informazioni al file. Cosa può succedere?
Nell'immagine seguente c'è un'immagine che ho ripreso nella cripta della
cattedrale di Otranto. La scena era illuminata da luce al tungsteno e quindi
abbiamo una dominante rossastra. In questo caso, a differenza di altri, la
dominante non è di mio gradimento e voglio correggerla. Tutti gli sviluppatori
raw hanno la possibilità di cambiare il bilanciamento del bianco. Bisogna
identificare un punto bianco o neutro dell'immagine e farci click con una specie
di contagocce.
Nell'immagine
il bianco c'è, è la veste del sacerdote. Quindi, con un semplice click
l'immagine cambia come vedete.
E' bastato un
click per una correzione indolore sulla qualità dell'immagine. Ma se modifico il
cursore della temperatura colore in kelvin che succede?
Come usarlo creativamente
Il cursore
della temperatura colore è uno strumento che si può utilizzare creativamente.
Immaginate un tramonto: la fotocamera, impostata in automatico sul bilanciamento
del bianco, tenta di neutralizzare le dominanti calde che fanno l'atmosfera del
tramonto. Noi possiamo riportare la temperatura di colore al suo giusto valore,
anzi, diminuendola di altri 300/400 K, possiamo scaldare ulteriormente
un'immagine.
Oppure,
avendo un'immagine scattata in un'orario di temperatura colore non caldissima,
possiamo scaldare l'immagine aumentando la temperatura colore sul cursore.
Vediamo un
esempio, per chiarire meglio. Questo ponte sul Tevere è stato elaborato con una
temperatura colore di 5000 K.
E' un po'
smorto, secondo me. Aumentando la temperatura colore a 6900 K, si ottiene
un'immagine un po' più calda.
Perchè
succede questo? La temperatura colore di riferimento è quella che neutralizza le
dominanti, quindi, se aumento questo riferimento, la mia scena si scalda. E'
come scattare un tramonto (temperatura colore di circa 2500 K) con una pellicola
per luce diurna, tarata a 5000 K. L'immagine viene calda.
Conclusioni
C'è poco da
dire: scattate in raw e bilanciate, se serve, il bianco in postproduzione.
Saranno tanti mal di testa in meno.
©2007 Aristide Torrelli