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La profondità di campo

 


 

Il termine profondità di campo descrive una zona, uno spazio che appare a fuoco in una foto, da un punto vicino ad uno lontano. Sappiamo tutti che più il diaframma di un obiettivo è chiuso e più profondità di campo c’è. Alcuni, erroneamente, credono che un grandangolare abbia più profondità di campo di un teleobiettivo.

Ora che sappiamo tutto sul CdC, possiamo analizzare la PdC. Essa è un fenomeno strettamente ottico e, una volta fissato il CdC, non c’è discrezionalità, solo matematica.

Definizione: "L’area davanti e dietro un soggetto messo a fuoco in cui l’immagine fotografata appare nitida".

Ovviamente questo vale per il CdC scelto. In altri termini, non potete avere una PdC senza un CdC e quest’ultimo lo decidete voi o, al limite, il costruttore dell’obiettivo.

Un esempio: un 50 mm, messo a fuoco su un soggetto a 3 metri, a diaframma 5,6, CdC 0,0333 mm (circa 35 micron) avrà la distanza prossima (punto più vicino a fuoco) di 2,5 m e la distanza lontana (punto più lontano a fuoco)  di 3,9 m. La profondità di Campo sarà quindi di 3,9 – 2,5 = 1,4 m. Se diaframmiamo a f/16 la PdC diventa circa 6,5 m.

Una particolarità della PdC è che, alle comuni distanze di lavoro (non macro, quindi), la zona si estende per 1/3 davanti al soggetto e per 2/3 dietro.

 

 

La distanza iperfocale

 

Definizione: "Il punto di messa a fuoco più vicino, tale che l’infinito cade all’interno della PdC".

Per un fotografo di paesaggio questo numero è critico. E’ il punto a cui focheggiare per avere a fuoco da metà di quella distanza all’infinito.

Se ho un 50 mm a f/16, messo a fuoco a circa 6,8 m (distanza iperfocale), avrò nitida la zona da circa 3,4 m all’infinito.

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla scomparsa delle scale della PdC dagli obiettivi delle reflex e così molti fotografi non hanno potuto usare la distanza iperfocale. O forse non hanno mai imparato ad usarla!

Ecco come si usa:

  1. chiudete il diaframma al valore scelto (es: f/11);

  2. ruotate la ghiera di messa a fuoco in modo che il simbolo di infinito sia allineato con il numero di diaframma riportato sulla scala.

 

A questo punto vi trovate alla distanza iperfocale. Se guardate l’altro lato della scala di messa a fuoco, allineato con l’apertura di diaframma, avrete la distanza minima di zona nitida.

Ovviamente questi segni sono messi in base al CdC che ha scelto il costruttore. Se fate stampe grandi, ovvero non vi soddisfa la scelta del costruttore, chiudete il diaframma di un ulteriore valore. Cioè, se state scattando a f/16, usate i segni per f/11.

 

 

Il software

 

Se avete un Pocket PC, c’è un programma che fa al caso vostro (esiste anche per PC Windows): DOF 1.0. Il bello di avere questo software è che potete utilizzarlo in campo! Se volete fare stampe grandi utilizzate un CdC di 0,02 mm (50 LPM), altrimenti il classico 0,033 mm (30 LPM).

 

 

Profondità di campo, lunghezza focale e dimensione d’immagine

 

Un’ultima cosa. All’inizio ho scritto che “Alcuni, erroneamente, credono che un grandangolare abbia più profondità di campo di un teleobiettivo.”

Sembra una cosa logica, ma non lo è. I grandangolari sembrano avere più PdC ma questo vale solo se non prendete in considerazione le dimensioni del soggetto.

Immaginate una persona con un fiore in mano avanti a se ed una montagna dietro, in lontananza. Scattate una serie di immagini con ogni obiettivo che avete, dal 16 mm al 400 mm o più, mantenendo (è importante) le dimensioni della testa uguali in ogni immagine. Questo vuol dire cambiare la distanza di ripresa.

Beh, scoprirete che la PdC è la stessa in ogni immagine!

Ora avete quattro alternative:

  1. crederci;
  2. provarci;
  3. fare i calcoli matematici (le formule sono alla fine);
  4. leggere (è in inglese) questo articolo.

 

 

 

La teoria matematica delle scale della profondità di campo

 

La scala, che si trova sugli obiettivi, o almeno vi si trovava una volta, è una scala lineare del reciproco delle distanze.

 

 

Il motivo dell’utilizzo del reciproco delle distanze è spiegato di seguito.

Prendendo un qualsiasi libro di ottica fotografica possiamo leggere le seguenti formule:

 

Distanza iperfocale

hyperfocal distance equation

Distanza prossima

near distance equation

Distanza lontana

far distance equation

dove:

 

H

distanza iperfocale

f

Lunghezza focale dell’ottica

s

Distanza di messa a fuoco

Dn

Distanza prossima di zona nitida accettabile

Df

Distanza lontana di zona nitida accettabile

N

Chiusura del diaframma (f/ stop)

c

Circolo di confusione

 

Sommando i reciproci della Distanza prossima e della Distanza lontana otteniamo:

 

ovvero

 

Ne segue che:

Quando la lunghezza focale f è molto minore della distanza di messa a fuoco s, l’equazione si semplifica in:

 

Perciò, per un circolo di confusione c per un obiettivo di lunghezza focale f aperto a diaframma N, le quantità:

 

e

e

 

sono costanti ed uguali. E’ questa uguaglianza che fornisce le basi per disegnare la scala delle profondità di campo.

Se disegniamo il reciproco della distanza su una scala, I segni per la Distanza prossima e la Distanza lontana, ad una certa apertura di diaframma, sono equamente spaziati sui due lati rispetto al segno di messa a fuoco. Eccone un esempio:


 


©2008 Aristide Torrelli